Il delicato equilibrio della Piana del Dragone

Piana del DragoneLa Piana del Dragone è un bacino endoreico che riveste un’importanza fondamentale per l’approvvigionamento idrico di tre regioni (Campania, Puglia e Basilicata). Infatti, le acque che arrivano all’inghiottitoio della Bocca del Dragone sono tributarie della falda di base del Monte Terminio e alimentano le sorgenti di Cassano Irpino (Acquedotto Pugliese), le Sorgenti del Serino (Azienda Risorse Idriche di Napoli) e le sorgenti di Sorbo Serpico, Alte del Calore e Baiardo (Alto Calore Servizi). Annualmente queste sorgenti erogano circa 5000 litri al secondo e forniscono acqua potabile ad oltre due milioni di persone.
La piana è attraversata da due falde idriche, una ad appena 10 metri di profondità, l’altra, la falda di base, tra i 140 e i 190 metri. Nella Chiana ‘re lo Traone, purtroppo, è già presente un inquinamento delle acque che entrano nella Vocca ‘re lo Traone; si tratta delle acque reflue delle fogne, degli inquinanti dei pascoli e dei pesticidi, diserbanti e fitofarmaci delle zone agricole. Nella seduta del Senato 309 del 20/12/2002,  tra gli emendamenti alla Finanziaria, all’articolo 68 si poneva il problema dell’inquinamento della Piana del Dragone e si impegnava il Governo “a disporre stanziamenti poliennali finalizzati ad opere di risanamento ambientale, alla tutela e salvaguardia delle risorse idriche così importanti per l’Italia meridionale; nonché alla realizzazione di oculati e razionali interventi miranti alla bonifica e al risanamento ambientale dell’intero bacino imbrifero, al recupero di circa 240 ettari di terreno pianeggiante, periodicamente sommerso dalle acque meteoriche, ad un’agricoltura o ad attività ecocompatibili con l’area in esame e conseguentemente alla riconversione da una agricoltura altamente inquinante ad una di tipo biologico; alla realizzazione, infine, di invasi per una capacità complessiva di circa 400.000 metri cubi sufficienti per governare gli afflussi meteorici ordinari, invasi che consentirebbero, oltre alla laminazione delle acque, quegli spontanei processi di sedimentazione primaria atti a chiarificare in modo naturale le acque intercettate; inoltre, la presenza di un tale accumulo potrebbe servire come riserva antincendio e irrigazione di soccorso”. Questione che si ritenne non degna di essere posta nemmeno in votazione. Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato l’ingegnere Giovanni De Feo, ricercatore e docente di Fenomeni di Inquinamento e Controllo della Qualità Ambientale presso l’Università degli Studi di Salerno, e il dott. Maurizio Galasso, chimico e direttore tecnico dell’azienda Bierrechimica s.r.l.. Dal sito Greenopoli.it, infatti, abbiamo appurato che De Feo e Galasso sono gli autori dello studio “Caratterizzazione della qualità ambientale di acque superficiali e profonde: la Piana del Dragone”.
Sono mai state realizzate opere di bonifica o azioni di altro tipo tese a diminuire o prevenire il livello di inquinamento delle falde acquifere della Piana?
Maurizio Galasso:
L’intervento più consistente è stato la realizzazione dell’impianto di depurazione a servizio della rete fognaria del Comune di Volturara Irpina e tale impianto è stato anche potenziato due volte successivamente. L’aspetto più importante è la corretta gestione dell’impianto stesso che deve essere molto puntuale ed efficiente.
Secondo la ricerca quali sono i livelli di inquinamento della falda superficiale? La falda di base non ha nessun tipo d’inquinamento, oppure siamo solo nei limiti?
M. G.:
I livelli di inquinamento della falda superficiale sono tali da rendere le acque dei pozzi che pescano in tale falda non potabili, mentre la falda di base al momento della ricerca risultava immune per tutti i parametri indagati. Le misure sono state fatte con prelievi al campo pozzi di Volturara, alla sorgente del Baiardo, a Cassano e a Sorbo. Le acque sono tutte risultate potabili con valori ampiamente al di sotto dei limiti di legge per la potabilità.
Nelle “Osservazioni e suggerimenti di modifica alla Proposta di Piano Territoriale Regionale della Campania” da parte dell’Alto Calore, datate 2002, il Dott. Iannicelli parla di un pozzo già inquinato, di quale pozzo si tratta?
Giovanni De Feo e M. G.:
Il Dott. Iannicelli nella sua relazione fa riferimento ad uno studio del Dott. Maurizio Galasso, all’epoca Responsabile del Laboratorio Chimico dell’Alto Calore, pubblicato anche sulla rivista Inquinamento, ma riguardante un pozzo realizzato in località Vallone Oscuro e mai attivato. In dettaglio, all’epoca furono condotte prove con traccianti dalle quali risultò che il pozzo aveva intercettato la faglia di bordo della Piana del Dragone (il bacino endoreico) che funzionava come un vero e proprio canale lungo il quale si infiltravano preferenzialmente le acque superficiali della Bocca del Dragone (l’inghiottitoio carsico). Il pozzo in questione, in pratica, drenava acque superficiali che, per poter essere utilizzate a scopo idropotabile, necessitavano di un adeguato trattamento di potabilizzazione. Da quanto risulta, pertanto, il progetto fu abbandonato a causa degli elevati costi richiesti dall’intervento 

Può passare l’inquinamento dalla falda superficiale a quella di base? Se sì, potrebbe essere che il processo di inquinamento sia già iniziato? E una volta iniziato è irreversibile?

M. G.: In linea di principio è sicuramente possibile, ma data la situazione locale si può ritenere che la cosa sia difficile. Le falde superficiali sono falde sospese rilevate in lenti sabbiose o di altro materiale permeabile (livelli di pomici). Tali materiali sono però inglobati in piroclastiti impermeabili che si oppongono alla trasmissione degli inquinanti verso la falda di base. Il pericolo maggiore è la trivellazione di pozzi che, se eseguita male, può mettere in comunicazione la falde favorendo la discesa degli inquinanti. L’inquinamento in qualche modo può anche essere in atto, ma i fenomeni di depurazione naturale e l’impermeabilità dei materiali si oppone attualmente in maniera efficace al fenomeno. Tale fenomeno in linea di massima è reversibile, ma gli interventi richiedono notevole impegno, eliminando prima le fonti di inquinamento e poi intervenendo sul sito contaminato con bonifiche. Al momento comunque non vi sono rischi elevati.

Oltre alle attività agricole (uso di pesticidi, etc.), zootecniche (coliformi fecali, etc.), alle acque reflue del depuratore (tra l’altro come funziona questo depuratore…) ci sono altre possibili fonti di inquinamento? E’ possibile che lo sversamento di rifiuti urbani e speciali nei boschi delle montagne circostanti possa provocare, sul medio lungo termine, ma anche nel breve periodo, l’inquinamento delle falde acquifere e poi di quelle superficiali? Vanno previste attività di individuazione dei rifiuti in montagna e di bonifica?
M. G. e G. D. F
.: Il principale problema è costituito proprio dalla gestione del depuratore che si configura come una fonte puntuale d’inquinamento. A tal proposito, è di fondamentale importanza una gestione particolarmente attenta dei processi di trattamento con uno scrupoloso monitoraggio della qualità dell’effluente dal depuratore. I rifiuti in montagna non costituiscono un pericolo immediato data la vastità del territorio per cui occorrerebbero quantità notevoli di rifiuti ad alta pericolosità e la cosa può essere scongiurata con un minimo di sorveglianza del territorio dato che il trasporto di notevoli quantità di rifiuti non passa inosservato. La realizzazione a valle del depuratore di un sistema di fitodepurazione per il finissaggio delle acque già depurate offre indubbi vantaggi di sicurezza in quanto garantisce un effetto depurativo certo anche in caso di cattivo o ridotto funzionamento del depuratore. Il citato studio del Dott. Galasso sulla rivista Inquinamento evidenziò che, in un periodo in cui il depuratore non funzionava, lo stagno posto proprio al centro della Piana del Dragone era in grado da solo di abbattere più del 50% del carico inquinante in ingresso. D’altro canto, questa circostanza, è stata confermata con gli studi più recenti condotti congiuntamente.
Qual è il costo di un impianto di fitodepurazione e che vantaggi ne avrebbe la popolazione? Chi se ne dovrebbe fare carico?
G. D. F
.: Per la realizzazione di un impianto di fitodepurazione a flusso superficiale si può ipotizzare un intervento di almeno 400-500 mila Euro che si potrebbero intercettare con progetti europei. I vantaggi per la popolazione si tradurrebbero in una riduzione dei rischi di inquinamento delle acque di falda e in una maggiore fruibilità dell’ecosistema della Piana del Dragone, considerato a ragione il “cuore verde dell’Irpinia”.
Qual è la consistenza delle attività economiche legate all’allevamento e all’agricoltura nella zona? E’ possibile proporre metodi più sostenibili incentivando gli agricoltori/allevatori? Quali vantaggi economici deriverebbero dalle azioni di riduzione e diminuzione dell’inquinamento della Piana?
G. D. F
.: La natura della Piana del Dragone è un unicum con il contesto sociale ed economico imperniato sulle attività dei contadini e dei pastori. Qualsiasi attività che si volesse porre in essere dovrebbe essere preliminarmente “condivisa” proprio con le comunità locali. A tal proposito sarebbe oltremodo utile ed interessante avviare un’attività d’indagine sociologica finalizzata proprio a valutare l’opinione, le attitudini, le preoccupazioni e le proposte dei contadini e degli allevatori dell’area. La peggiore forma d’inquinamento, infatti, è quella che deriva dai nostri comportamenti inconsapevoli!

Autore Virginiano Spiniello, Ottopagine 11 maggio 2010

Panorami della Piana del Dragone

Rifiuti “semplici” sulla Piana del Dragone