L’albero, il pane e la speranza

In uno dei miei giro in giro, quest’inverno, sono ricapitato nel Convento di San Francesco a Folloni a Montella, in Irpinia. E qui mi hanno raccontato una storia affascinante che testimonia come, quando si ha fame, la speranza arriva.
A Montella c’è un convento, il convento di San Francesco a Folloni, nato da un miracolo di albero: il leccio dove San Francesco riparò nel 1221, mentre era diretto alle grotte di San Michele sul Gargano. L’albero protesse lui e i suoi frati da una tempesta di neve lasciandoli del tutto asciutti, creando un magico cerchio con le sue fronde che li protesse. Il giorno dopo, la gente scoprì l’identità di quel piccolo gruppo di frati sgualciti e San Francesco lasciò lì due frati per costruire un convento.

Due anni dopo i frati – che nel frattempo hanno costruito il primo convento e non sono più soli – sono alle prese con un’altra tempesta di neve. Qui da noi nevicava molto ed era impossibile trovare aiuto visto che le abitazioni erano lontane anche chilometri l’una dall’altra.

Erano giorni che i frati non mangiavano e si rassegnavano, forse, all’estremo passo di liberazione. D’un tratto si sentì bussare alla porta. I frati, impauriti, si chiesero chi fosse con quel tempo, preparandosi, magari, anche al peggio. Ma fuori non c’era nessuno. Solo un sacco pieno di pane appena sfornato, sulla neve alta, intorno nessuna impronta. Sul sacco lo stemma dei gigli di Francia. In quel momento Francesco era proprio in Fran­cia a corte, con Ludovico VIII. Dicono che sia stato lui a inviare quel sacco, chiedendo agli angeli di sfamare i suoi frati. Quel sacco diventò una tovaglia d’altare e una reliquia. Poco lontano le montagne e le cascate del Calore che fa un giro prima del Convento e, dentro il Convento, forse, non lo so, quel leccio è ancora lì. Debbo tornarci, voglio andare a vedere

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