Idroelettrico. Energia pulita o inquinante?

Il mare, una delle forze motrici del nostro pianeta, potrebbe rivelarsi una fonte energetica produttiva, viste le sue possibili applicazioni. L’idroelettrico è una di queste. Su Wikipedia è descritta come una fonte di energia pulita che utilizza l’energia potenziale dell’acqua che si trasforma in energia cinetica, superato un dislivello, e che viene poi trasformata in energia elettrica. Altro caso è quello dell’energia mareomotrice, che sfrutta i movimenti delle maree attraverso centrali in cui “l’acqua affluisce e defluisce in un vasto bacino, passando attraverso una serie di tunnel nei quali, acquistando velocità, fa girare delle turbine collegate a generatori”(sempre da Wikipedia). Diversi, per caratteristiche e funzionalità, sono gli impianti di produzione energetica: le centrali mareomotrici sfruttano le maree e fanno scorrere l’acqua in tunnel dotati di turbine collegate a generatori elettrici, quelle che sfruttano le correnti sono simili a impianti eolici, mentre ci sono impianti a gradiente termico che sfruttano il fenomeno attraverso un fluido che circola in un circuito chiuso e che, cambiando di stato, fa funzionare delle turbine e dei generatori. Il problema maggiore per la costruzione di tali impianti sembra essere ancora il prezzo elevato e la loro scarsa applicazione. Ad oscurare ulteriormente questo tipo di energia ci sono, però, dei dati piuttosto inaspettati, elaborati da uno studio effettuato da degli esperti agli ordini del ricercatore brasiliano Nathan Barros e pubblicati sulla rivista Nature Geoscience il primo settembre. La ricerca si è concentrata sullo studio di possibili emissioni di anidride carbonica e metano da parte di impianti idroelettrici, l’unico elemento che viene tralasciato negli studi preparatori alla costruzione di questi ultimi che includono principalmente le possibili conseguenze sul microclima locale. Una causa considerevole dell’istallazione di centrali idroelettriche nelle valli che vengono sommerse con degli sbarramenti consiste nel fatto che la vegetazione presente, una volta sommersa, subisce dei deterioramenti che portano all’emissione di anidride carbonica e metano, prodotti inizialmente in forma liquida ma che successivamente subiscono un passaggio di stato. Questo fenomeno di deterioramento porta ad una produzione media di circa “48 milioni di tonnellate di anidride carbonica e a 3 milioni di tonnellate di metano l’anno”, pari al “4% delle emissioni mondiali di metano da parte delle acque interne”. Si tratta di un problema non di poco conto che andrebbe in ogni caso tenuto d’occhio. Nonostante questo, però, non mancano progetti che portano avanti l’utilizzo di questa fonte energetica. Progetti come quello Svizzero, realizzato al confine con la Germania nella località di Rheinfelden e figlio della collaborazione tra società come le tedesche EnergieDienst e EnBW e il gruppo svizzero Axpo. Si tratta di una centrale che sfrutta la forza del fiume Reno e che è in grado di produrre in un anno “600 milioni di chilowattora” (da “Il Corriere del Ticino” del 15 settembre 2011). L’idroelettrico resta dunque nei piani di Paesi che hanno deciso di farla finita con fonti pericolose e costosissime, come l’energia nucleare, e di dare una scossa definitiva al loro sistema di produzione energetica nazionale scegliendo di investire nel settore delle rinnovabili. Ma si può parlare ancora di un’energia pulita o siamo difronte all’ennesimo caso di fonte energetica inquinante?

Autore Davide Martone, Fonte Settimanale Il Ponte, 24 settembre 2011

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