Rifiuti in montagna. Non è solo un problema di senso civico

Il problema dell’abbandono dei rifiuti è connaturato al nostro stesso modello di sviluppo industriale. Non c’è un singolo attore non interessato e, allo stesso tempo, nessuno degli attori in gioco riesce ad agire diversamente. La malavita, vista la sua mission, non può sottrarsi all’intermediazione per la facilità e redditività del business e, d’altro canto, la natura competitiva delle medie e grandi imprese e la dura legge di mercato le spingono ad approfittarne. Se l’Italia è una potenza industriale – come afferma Toni Servillo, in Gomorra – buona parte del merito ce l’hanno le campagne campane. Ma se il problema delle discariche abusive organizzate è sotto gli occhi di tutti, la questione delle microdiscariche nei boschi è assolutamente invisibile. Paradossalmente, almeno in Campania, la raccolta differenziata ha aumentato le occasioni di sversamento autonomo da parte di cittadini, piccoli artigiani e attività economiche minori nelle campagne e nei boschi. C’è una emergenza ambientale diffusa tra la connivenza e l’indifferenza di tutti: Stato, cittadini, istituzioni locali, imprese. Pensiamo al danno che può fare una discarica abusiva localizzata e a migliaia di siti che iniziano come micro discariche e poi crescono nel tempo, ingigantendosi. C’è un’intera comunità che pesa sul territorio, sconsideratamente. Ed è un’emergenza ancora peggiore delle discariche organizzate, perché del tutto fuori controllo. Prima della raccolta porta a porta nei cassonetti si depositava, impropriamente, di tutto, anche rifiuti speciali e pericolosi. Successivamente è accaduto che, nelle fasi di passaggio, è mancata la necessaria educazione alla differenziazione dei rifiuti e, soprattutto determinate categorie di utenti, anziani in primis, si sono ritrovati, improvvisamente, a dover selezionare materiali che non distinguevano. Cosa è il tetrapak? La plastica sporca dove va? E le buste delle lettere dove le metto? Siamo sicuri di differenziare tutti nella maniera corretta? Per non parlare dell’angoscia – per chi ha investito ore e ore nell’auto-addestramento – di non sapere se il lavoro svolto sarà stato inutile. Come sarà recuperata e selezionata la mia immondizia? Ma il danno di una differenziata fatta male sarebbe il male minore. Oltre alla pigrizia dei cittadini c’è un vuoto organizzativo che si sostanzia, tra l’altro, in lunghe attese per il recupero degli ingombranti, mancati controlli, difficoltà burocratiche ad accettare rifiuti speciali domestici nelle isole ecologiche. Il vulnus del problema, però, sta nella normativa vigente che condanna il cittadino all’omertà. Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 (Norme in materia ambientale) all’articolo 192 vieta “l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo” e commina sanzioni da 105 a 620 euro per l’abbandono di rifiuti ingombranti e speciali. Qualora si tratti di discarica abusiva (articolo 256) è un reato penale, che prevede l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro, nel caso di rifiuti pericolosi. Sembrerebbe che la materia sia normata – soprattutto in Campania dove le pene sono state inasprite – eppure, nel momento in cui un cittadino assolutamente innocente scoprisse che in un terreno di sua proprietà estranei avessero sversato rifiuti pericolosi, per la legge italiana questa persona sarebbe, in pratica, colpevole allo stesso modo di chi sversa: anche se denuncia immediatamente il reato è tenuto a procedere, a proprie spese, alla rimozione dei rifiuti e alla bonifica del terreno. E cosa pensare delle vicende del SISTRI (Sistema Informatizzato di Tracciabilità dei rifiuti speciali), cancellato nella manovra di agosto e poi riattivato Dovrebbe ripartire il 9 febbraio 2012, ma doveva già entrare in vigore nel 2010 ed è stato più volte rinviato. Il Sistema fornirà dati in tempo reale alle autorità di controllo che potranno monitorare tramite sistemi elettronici i rifiuti speciali e pericolosi lungo tutta la filiera. Sarebbe la fine per chi vuole liberarsi sottocosto dei rifiuti ed è questo il motivo per cui tanti imprenditori lo hanno osteggiato. Oltre 400mila le imprese interessate che hanno già pagato i costi, con evidenti danni per chi si è messo in regola. Sembra che la soluzione più economica sia lasciare tutto come sta. In fondo, se tutti sono colpevoli, tutti hanno, a modo loro, ragione. I piccoli imprenditori, già gravati da tasse e costi a cui non corrispondono servizi adeguati, preferiscono entrare nell’anonimato e, quindi, hanno ancora maggiori difficoltà a conferire rifiuti presso le isole ecologiche; i cittadini, invece, possono dare la colpa sia alle istituzioni locali sia allo Stato che, ad esempio, rende proibitivo lo smaltimento di rifiuti pericolosi come l’amianto affidandosi alla buona volontà dei singoli o mette una tassa sullo smaltimento dei pneumatici sul consumatore, invece di applicarla a monte, al produttore; gli enti locali, infine, privi di fondi per i servizi essenziali, non hanno certo la possibilità di investire nella bonifica dei territori. E chi è consapevole del problema si trova a sbattere in un muro di gomma che rimbalza ogni tentativo di cambiamento, visto che non c’è colpa, né ragione, né verità che tengano. Pare proprio che convenga lasciare tutto dov’è. Il processo che dovrebbe innescare il cambiamento è frenato da ostacoli tangibili e i controlli, alla fine, finiscono per colpire sia chi ne trae profitto sistematicamente, sia i piccoli artigiani in difficoltà, sia i cittadini impotenti, colpevoli solo di possedere terreni isolati. Ci insegnano che, quando si scivola nelle sabbie mobili, la cosa migliore è restare fermi. Se ci muoviamo troppo, corriamo il rischio di affondare. 

Autore Virginiano Spiniello, su Il Settimanale il Ponte di Avellino del 15 ottobre 2011

4 pensieri su “Rifiuti in montagna. Non è solo un problema di senso civico”

  1. anche una goccia può bucare la pietra, figuriamoci poi tante gocce messe insieme….bisogna sempre continuare a crederci, il cambiamento è sicuramente difficile ma non impossibile!

  2. Il solito muro di gomma che questa volta è diventato trasparente per far credere di non vederlo e avere la triste illusione di giustificarsi dietro di esso.

  3. Crisi e cambiamento sono la stessa cosa Claudio. BIsogna prima che la gente capisca coe affrontare le crisi per cambiare. Grazie!

  4. Ciao Bosco, bisogna diffondere la consapevolezza del problema, farlo filtrare. Sono tre anni che l’Albero Vagabondo ha iniziato il suo viaggio tra le montagne e solo tre volte si è trasformato nel Metamorfo, perchè abbiamo orgnaizzato noi le giornate ecologiche. Sono d’accordo con Claudio, per quante volte perdiamo, tante volte ci rialziamo, finchè dio vuole.

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